martedì 17 maggio 2011

GLI EDENA E LO SCORRERE DEL TEMPO

Fatum è un progetto nato nella mente di Fabrizio. Convinto sostenitore del lavoro di squadra, però, Fabrizio sta coinvolgendo anche altri artisti, affinchè  il loro talento sia d’aiuto al successo di Fatum. Cominciamo a conoscere gli Edena, band nata e cresciuta sul litorale romano, che a Fatum presteranno la loro musica.
Anno 2005. Gli Edena emettono i primi – rumorosi - vagiti sei anni fa grazie all'incontro tra i gusti musicali comuni del giovane cantante e tastierista Matteo Cattani (autore finora di 22 brani,  molti altri in cantiere) e del batterista Simone Tomei (che si ispira a Lars Ulrich dei Metallica e all’originalità di Gavin Harrison dei Porcupine Tree). Rock inglese anni ’90 e musica italiana sono i due cardini fondamentali che portano alla nascita del gruppo. La band inizia quindi a lavorare sul materiale in inglese, poi in seguito in italiano: alla line-up si aggiungono il bassista Carlo Di Tore (che, innamorato dei Beatles e affascinato dalla bravura di Paul McCartney, lascia la chitarra per il basso e grazie ad Andrea Casali, bassista degli “Astra”, inizia a dedicarsi al nuovo strumento, senza più abbandonarlo) ed il chitarrista Fabrizio Scafati (che si unisce alla band dopo un'esperienza di due anni con la tribute band dei Metallica “Bloodyhand”,  grazie alla quale avviene il fondamentale incontro con Carlo Di Tore e Simone Tomei). Il rapporto tra gli Edena è fatto di amicizia e collaborazione: dopo tanta gavetta ed alcuni anni di esperienze live, la band riesce a siglare contratto con un’etichetta indipendente, durato due anni, fino all'incontro con il produttore artistico David Walter Mohr e alla registrazione nel 2010 del primo disco, Lo Scorrere del Tempo, nell’importante cornice del Revolver studio di Guidonia.
Cosa ha in serbo il destino per gli Edena? E cosa hanno in serbo gli Edena per Fatum?

Ecco i link per approfondire la vostra conoscenza degli Edena...che torneranno presto sul blog con interviste e - soprattutto - con la loro musica!


sabato 14 maggio 2011

Intervista a Fabrizio Azzellini! (seconda parte)

Ecco la seconda parte dell'intervista a Fabrizio...ci dirà qualcosa di Fatum, stavolta?

D. Se dovessi consigliare ad un giovane ragazzo, che vuole fare il regista, quale sarebbe la prima cosa che gli diresti per partire?
R. Secondo la mia modesta opinione, per partire occorrono tre componenti fondamentali: pazienza, sacrificio e, soprattutto, passione. E poi naturalmente essere pronti a fare gavetta, a partire dalle cose più semplici del mondo: iniziare dal basso vi darà la possibilità di scoprire gradualmente tutte le avversità e le difficoltà nel crescere dei progetti. Così facendo, sarete in grado di affrontare qualsiasi situazione e di poter realizzare anche prodotti importanti. In poche parole consiglio sempre di avere un piano B... magari anche C!


Ecco Fabrizio in Cina...un po' preoccupato da quello che dovrà mangiare 
D. Quali sono i tuoi punti di riferimento?

R. Non ho una persona alla quale mi ispiro, in particolare: nel cinema mi piaccione le storie, i personaggi, i paesaggi e li rivivo nella mia mente sempre in maniera diversa, mi piacciono i thriller di Christopher Nolan come “Inception” e  Memento”, ma anche le serie tv come “Lost” “Heroes” e “Flash Forward”.... ma se ti devo dire a chi mi devo ispirare allora dico, senza ombra di dubbio, a mio padre, perchè lui dopo tutti questi anni crede sempre in me incondizionatamente... e se riesco a diventare solo il 10% di quello che mio padre crede che io sia allora a quel punto sarà davvero felice!!! vuol dire che… starò volando!!!

D. Raccontaci qualcosa della tua esperienza in Cina. Hai lavorato in tre continenti molto diversi tra loro: come cambia il tuo approccio? E come sei cambiato tu?

R. Non saprei bene come spiegare il mio anno vissuto in Cina. Ti ritrovi \catapultato in mondo nel quale vai a sbattere contro una cultura radicata e profondamente diversa da quella italiana, ma che cerca di emulare il più possibile, che investe tantissimo in qualsiasi campo con una velocità incredibile. Io amo stare sempre in movimento, non riesco a stare fermo nello stesso posto e nello stesso momento per svariato tempo, e questa è una cosa che ho ritrovato nell’esperienza trascorsa in Cina, anche se c’erano dei capisaldi fissi, immobili e ben radicati sia nella società che nella cultura di quel posto. Questo è il senso giusto secondo me: crearsi una corazza di concetti-base intorno ai quali costruire le immagini da proiettare nel futuro.

D. Fatum è un progetto ambizioso. Senza svelare la trama, cosa ti ha portato a progettare qualcosa di così articolato?
R. Secondo me c’è un momento in cui hai bisogno di sfidare te stesso, di vedere se ce la puoi fare, a che punto puoi arrivare. Come nello sport, in cui si dice che i giovani hanno un grande margine di miglioramento, così in questo mestiere io voglio superare i miei limiti e cimentarmi in qualcosa di molto  più grande ed importante, per dimostrare agli altri ma, soprattutto, a me stesso che di percorso ce ne sarà tantissimo e che non mi deve spaventare nulla. Fatum è un progetto che ho iniziato a scrivere in Cina, è una storia intrigante, molto curata nei particolari filosofici, etici e religiosi... Fatum  è come un filo di lana che si scioglie pian piano e va assolutamente seguito per poter ricompattare alla fine il gomitolo. Puoi immaginare di essere anche tu parte di esso per poi scoprire che in fondo tutto questo gioco alla fine sarà solo un viaggio verso l'inesorabile scorrere del tempo!!! Siete tutti pronti a conoscere il vostro destino?


Grazie Fabrizio!!!

martedì 10 maggio 2011

Intervista a Fabrizio Azzellini! (prima parte)

Cos'è FATUM? Bella domanda. Per rispondere, bisogna fare innanzitutto un passo indietro, risalire alla fonte, alla scoperta della storia di chi FATUM l'ha ideato, scritto e preparato. Fabrizio Azzellini, regista romano giramondo, trent'anni e troppe poche mani per tenere l'iPad, un bicchiere di vino bianco e la sigaretta contemporaneamente. Per non parlare della macchina da presa...




Ecco il nostro regista....


D. Fabrizio, da dove nasce la tua passione per il cinema e per la regia e come l'hai alimentata?


R. "Trovare un vero e proprio punto di partenza è difficile. Parlando del mio recente passato, o provengo dal settore grafico e multimediale, ed in aggiunta ho sempre avuto la passione per la scrittura. Allora, nel 2000 ho iniziato con la pubblicità e la comunicazione, cercando di unire il tutto in maniera creativa e il meraviglioso parto è stata la “Caffelatte studio” che oggi è la società che contribuisce, in parte, alla produzione di  “Fatum”. Nel percorso che ho intrapreso, esperienza fondamentale è stata quella vissuta alla “New York Film Academy”! E’ con questo tassello che il puzzle ha iniziato a comporsi ed è iniziato secondo me il vero cammino: New York mi ha dato la spinta e le motivazioni giuste per proseguire in questo campo! Nello specifico, ho passato anche 12 ore al giorno imparando il “mestiere” grazie a professori di spessore e caratura internazionale, frequentando fantastiche lezioni con grandi maestri di cinema. In seguito, terminati gli studi, è stata la passione ad alimentare questa voglia di raccontare qualcosa di mio, di esprimere pensieri e di farli arrivare al pubblico nel miglior modo possibile."

D. Quali sono stati le tue "creature" (inteso come spot, video etc...)  e quale ti ha regalato più soddisfazioni?

R. "Sono molte ormai le creature che ho partorito in questi anni (8 solo negli Usa, ndr) ma sono particolarmente affezionato a “Love Trip In An Elevator” che fu nei cinema “IMAX” per una settimana. Una volta rientrato in Italia, l'incontro con Marina Kissopoulos mi ha dato una spinta fondamentale e insieme abbiamo girato molti lavori, tra i quali videoclip musicali e fashion movie. Poi, cira un anno fa, l’approdo in Cina, dove ho lavorato per due stiliste, creando dei fashion movie molto particolari, uno tra tanti “Alter ego”. Nel cuore però tengo custodito gelosamente un lavoro in particolare che mi ha dato e mi continua a dare molte soddisfazioni: si tratta di un corto intitolato “Non ho paura”, un prodotto cinematografico che ha partecipato anche alla Mostra del cinema di Venezia 2010 ed è stato poi presente ad altri festival (a Sapporo e in Spagna), per poi essere recensito negli Usa a New York e Chicago. Sono molto orgoglioso di sottolineare che quest’estate il corto sarà online, via cavo, alla Tv americana, insieme ad alcune mie interviste."

D. Hai studiato regia a New York. Più difficile studiare in America o più difficile lavorare in Italia?


R. "E’ davvero una bella domanda…Il periodo di studio passato a New York è stato sicuramente uno dei più belli della mia vita. Se da una parte non è estremamente difficile per noi italiani entrare nel sistema scolastico americano, a livello culturale, è invece complicato riuscire a capire il concetto di studio, le dinamiche, i ruoli che non ci appartengono. In un paese dove lo specialista è considerato fondamentale, un “tuttologo” italiano risulta a volte inconcepibile nel loro sistema, ma grazie al nostro savoir faire  riusciamo sempre a essere in campo nel miglior modo possibile. Lavorare in Italia invece, paradossalmente, è più difficile: io ritengo che che siano pochi gli ambienti dove i giovani possano riuscire ad imporre nuove idee, tendenze, progetti, c è sempre qualche cosa che manca... probabilmente internet sta diventando uno strumento importante attraverso il quale divulgare nuovi progetti, ma purtroppo i capitali da investire non sono sufficienti per dare vita a qualcosa che rimane nel limbo delle idee, oppure si investe troppo in progetti cosi vecchi quando invece si potrebbe investire su cose di “new generation”!!! Per chi vive per il cinema fa sempre un grande effetto vedere la propria opera sul grande schermo.... ed io sonoparecchio affezionato ad una frase di una celebre serie tv... "qui oggi non vogliono più merda vecchia ma vogliono merda nuova!!!""

D. Quali sono le difficoltà che hai incontrato maggiormente in questi anni nei quali hai deciso di fare il regista?


R. " ... una cosa sulla quale entro veramente in conflitto, in Italia, è che spesso si confonde un regista con colui il quale ha la telecamera e può riprendere di tutto un po’. Secondo il mio parere si tratta di un errore grossolano... di solito ti chiedono “hai una telecamera per fare alcune riprese?”, oppure “porta la telecamera che riprendiamo la festa di”... beh è tutto un altro mestiere, veramente un’altra storia... Poi, incredibile ma vero, tutti si sentono artisti, tutti grafici, tutti stilisti e si improvvisano grandi professionisti del mestiere e “dicono, fanno, impongono”.... io invece, sulla base dell’esperienza vissuta negli USA, ho un concetto abbastanza chiaro della cosa: ad ognuno il suo mestiere!!!"

Continua sul prossimo post!!